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Autarchia  
L’autarchia è una politica economica che persegue l’autosufficienza di un sistema, attraverso la massima riduzione di esportazioni e importazioni e il massimo sfruttamento delle risorse interne.
In Italia la scelta autarchica venne annunciata da Mussolini il 23 marzo 1936, con un discorso all’assemblea nazionale delle corporazioni, in reazione alle sanzioni economiche decretate dalla Società delle nazioni contro il nostro paese dopo l’ aggressione all’Etiopia. La politica autarchica da una parte offrì una forma di protezione a oltranza all’industria, e in particolare a quella pesante, imponendo però un enorme sforzo per produrre sistematicamente ciò che prima veniva importato; dall’altra pose in misura ancor maggiore lo Stato al centro del sistema economico, esasperandone il potere di controllo e di programmazione.

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Le leggi americane contro l’immigrazione  
Dopo la fine della I guerra mondiale, la ripresa dei flussi migratori negli Usa coincise con un periodo di grande tensione sociale. I lunghi scioperi, le forti proteste operaie, l'entusiasmo per la rivoluzione russa, alimentarono sentimenti di inquietudine e paura che si tradussero in aperta ostilità nei confronti degli ultimi arrivati, soprattutto ebrei e latini, accusati di introdurre idee sovversive contrarie allo spirito dell'autentico americano. Il risorto Klu Klux Clan, innalzando la bandiera della più radicale xenofobia e dell'antisemitismo, accanto al tradizionale odio per gli afroamericani, riscosse durante gli anni venti un successo tanto inaspettato quanto inedito negli stati del Nord. Fu in quel clima che il Congresso votò il 19 febbraio 1921 il Quota Act, ovvero una legge che limitava l'ingresso dei nuovi immigrati e stabiliva che la quota annuale degli ammessi per ogni nazione fosse il 3% rispetto al totale dei connazionali residenti negli Usa nel 1910. Il 1 luglio 1924 entrò in vigore un provvedimento ancora più restrittivo, il National Origins Act, che stabiliva le quote di accesso sulla base del 2% dei connazionali residenti nel 1890, quando scarsa era ancora la presenza di slavi, ebrei e latini. Nei fatti furono così chiuse le frontiere per quei popoli. Il contingente italiano, che secondo la legge del 1921 doveva essere di 42.000 unità, fu ridotto nel 1924 a 3.800 unità.
 

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Fondo monetario internazionale  
Fu creato nell’ambito degli accordi di Bretton Woods (1944) allo scopo di sostenere finanziariamente le economie capitalistiche nei momenti di difficoltà, attraverso la cooperazione internazionale in campo monetario e la stabilizzazione dei tassi di cambio. E’ costituito da dotazioni conferite dai paesi membri e prevede utilizzazioni di prestiti da parte degli stessi per fronteggiare temporanee difficoltà di bilancia dei pagamenti.

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Banca mondiale per la ricostruzione e lo sviluppo  
Fu istituita, con sede a Washington, nel 1946,
in seguito agli accordi di Bretton Woods del 1944, con il contributo di 45 paesi e l’esclusione di quelli comunisti. L’obiettivo era promuovere lo sviluppo degli stati membri e fornire loro consulenza.

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Piano Marshall  
Terminato il II conflitto mondiale, gli Usa, che godevano di una notevole capacità produttiva e di cospicue riserve auree, approntarono un piano economico di aiuti all’Europa, finalizzato anche ad aumentare in modo rilevante le loro quote di esportazione. Il piano, noto con il nome di George Marshall, già comandante generale delle truppe americane e segretario di Stato dell’ammistrazione Truman, fu approvato dal Congresso il 3 aprile 1948. Si basava sulla necessità di garantire i livelli di produttività interna statunitense e di ripristinare le capacità commerciali dell’Europa, sostenendo il suo sviluppo produttivo. Dal punto di vista politico l’Europa veniva in questo modo inserita stabilmente nel sistema delle alleanze occidentali.
In sostanza gli Usa stanziarono in 4 anni circa 17 miliardi di dollari, al fine di permettere la ricostruzione dell’Europa. Ai fondi, divisi in aiuti gratuiti e a titolo di prestito, non poterono accedere i paesi compresi nell’area di influenza sovietica.

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Coloni parziari  
Per coloni parziari si intendono lavoratori agricoli retribuiti con una parte del prodotto.
La revisione dei contratti colonia parziaria fu parte dei decreti del 19 ottobre 1944 con i quali, il governo di unità nazionale presieduto da Ivanoe Bonomi, su proposta del ministro comunista Fausto Gullo, tentò di dare una risposta alle rivendicazioni contadine.  Il decreto che disciplinava i contratti di colonìa parziaria stabiliva un riparto che oscillava tra 1/5 (per il concedente) e 4/5 (per il colono), e la metà, a seconda del grado effettivo di partecipazione del proprietario alla vita dell'azienda.  Si trattava di un notevole progresso per i rapporti contrattuali in uso in Sicilia, che pure non mancò di suscitare polemiche all'interno stesso del movimento democratico e resistenze da parte dei proprietari. 
Da sinistra pur criticandone la limitata portata rispetto agli obiettivi di rottura del sistema latifondistico, se ne sottolineava l'utilità per unificare il disgregato universo contadino: i decreti erano visti come una sorta di grimaldello per forzare le solidarietà interclassiste e per costruire una forza politica e sindacale nelle campagne siciliane.  La necessità della loro difesa, anche a costo di compromessi, fece accettare in un primo momento come positivi al Pci gli emendamenti apportati dall'alto commissario Aldisio (23 giugno 1945). Essi consistevano in realtà per la Sicilia in un ridimensionamento delle quote spettanti ai contadini. Nelle terre granarie, la cui resa era inferiore ai sette quintali per ettaro il riparto era piú favorevole ai coloni (60 per cento) che ai concedenti (40 per cento), mentre per rese superiori diveniva progressivamente più favorevole ai proprietari

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Il separatismo e le origini dell’autonomia siciliana (lezione di Rosario Mangiameli)

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Autonomia regionale  
La Sicilia è una delle cinque regioni a statuto speciale, come sancito dalla Costituzione del 1948 (art. 116). In realtà la nascita della Regione precedette l’entrata in vigore della Costituzione. Il principio dell’autonomia regionale siciliana entrò nella fase di preparazione giuridica nel settembre 1945. Lo Statuto regionale fu promulgato con il decreto legislativo luogotenenziale del 15 maggio 1946. Il 20 maggio 1947 si svolsero le prime elezioni per la formazione dell’Assemblea regionale.

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Statuto della Regione Sicilia  
Il principio dell’autonomia regionale siciliana entrò nella fase di preparazione giuridica nel settembre 1945. Il progetto venne affidato a una Commissione paritaria nominata dall’Alto Commissariato per la Sicilia e composta da rappresentanti di tutti i partiti. La bozza di statuto elaborata dalla Commissione fu sostanzialmente accolta dalla Consulta regionale siciliana: venne ribadita la competenza esclusiva alla regione di alcuni tributi riscossi nell’isola; la durata della legislazione fu definita in quattro anni. Si prevedeva inoltre con l’art. 38 la costituzione di un fondo di solidarietà nazionale in cui lo stato avrebbe versato finanziamenti da utilizzare per lavori pubblici.
L’aspetto rivoluzionario del progetto approvato dalla Consulta era quello di concepire la Sicilia quale entità politica primaria, dotata di competenze proprie pur rimanendo all’interno dei confini dello Stato unitario. Lo Statuto, promulgato con il decreto legislativo luogotenenziale del 15 maggio 1946, fu poi esteso anche alla Sardegna.

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La riforma agraria in Sicilia  

Le leggi di riforma agraria portarono in Italia all’esproprio di quasi 700.000 ha. La Sicilia emanò una sua propria legge (detta “legge Milazzo” per il nome del proponente, un prestigioso deputato democristiano), con la quale si decise l’esproprio delle proprietà eccedenti i duecento ettari e la distribuzione in quote ai contadini. Nella sostanza la legge regionale rispose agli stessi criteri della legge nazionale: colpire soltanto le proprietà improduttive e mal coltivate e consentire di utilizzare gli indennizzi ricevuti con l’esproprio per investimenti in opere di ammodernamento delle aziende. In base all’applicazione della “legge Milazzo”, al 31 dicembre del 1962 in Sicilia erano stati espropriati e assegnati circa 93.000 ha; inoltre erano state costruite strade di bonifica per 191 km, acquedotti per 63 km, elettrodotti per 55 km, 19 borgate rurali e 9 edifici per servizi civili.

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Donato Menichella  
Figlio di piccoli agricoltori foggiani, Donato Menichella (Biccari 1896-Roma 1984), fu un profondo conoscitore del sistema finanziario e industriale italiano del primo dopoguerra, nel quale operò, tra il 1921 e il 1932, anche come liquidatore di banche e imprese strategiche. Nel 1933 Alberto Beneduce lo chiamò alla direzione generale dell’ Iri, carica che mantenne fino al 1943, avendo contribuito, nel 1936, in modo decisivo al riordino del sistema bancario italiano.
Dopo la II guerra mondiale diventò direttore della Banca d’Italia sotto il governatorato di Luigi Einaudi, e nell’agosto 1948, gli subentrò, per volontà dello stesso Einaudi, diventato ministro del Bilancio. Fu governatore della Banca d’Italia fino al 1960.

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Svimez
La Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno) fu istituita nel novembre 1946, come associazione semiprivata, sotto la presidenza di Rodolfo Morandi. Intorno alla Svimez si raccolsero non solo i meridionalisti legati all’ Iri delle origini e artefici delle grandi riforme degli anni Trenta, ma anche i rappresentanti di gran parte delle istituzioni finanziarie e industriali italiane, nazionali e locali, pubbliche e private: la banca d’Italia, le banche di interesse nazionale, le banche meridionali, la Confindustria, la Federconsorzi, le
holding e le imprese del gruppo Iri, i gruppi privati o semiprivati Sme, Coloniel, Fiat, Breda, Pirelli, Innocenti, Olivetti, Montecatini, nonché Camere di commercio, consorzi di bonifica, banche e imprese locali.
Le origini dell’associazione furono legate, come ha ricordato Pasquale Saraceno, che ne fu tra i protagonisti, “alle appassionate e interminabili discussioni, cui parteciparono eminenti personalità del mondo politico, bancario e industriale, se si potesse mettere capo a un superamento del divario non affidato esclusivamente a fenomeni migratori”. C’erano infatti molte buone ragioni, sostenute dalla convinzione che una parte consistente delle risorse americane destinate all’Italia sarebbero andate a sostegno delle aree depresse, per credere che lo sviluppo del Mezzogiorno nella fase della ricostruzione avrebbe costituito un’ottima occasione per l’espansione di tutte le principali attività imprenditoriali nazionali.
In seno alla Svimez e all’Iri furono elaborati i due documenti più importanti ai fini della politica italiana per la ricostruzione e lo sviluppo economico del dopoguerra: L’economia italiana italiana di fronte al piano Marshall, di Pasquale Saraceno e Financing of the Economic Development of Southern Italy,  redatto da Francesco Giordani. Questo secondo documento, presentato nell’autunno 1949 alla Banca mondiale, fu alla base delle decisioni dell’organismo internazionale e del governo italiano a favore di un piano straordinario di investimenti pubblici e privati nel Mezzogiorno.
Nel 1950 lo stesso Francesco Giordani subentrò a Morandi alla presidenza della Svimez, mantenendo la carica fino al 1959.

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Iri  
L’ Istituto di ricostruzione industriale (Iri) fu costituito il 23 gennaio 1933, con Alberto Beneduce, come presidente e Donato Menichella come direttore generale. Era diviso in due settori, la sezione finanziamenti e la sezione smobilizzi. Alla prima fu affidato il compito di fornire prestiti a scadenza ventennale alle industrie con denaro ottenuto attraverso l’immissione sul mercato di obbligazioni garantite dallo Stato. La sezione smobilizzi sorse incorporando le attività dell’Istituto di liquidazioni, che in passato si era occupato dei salvataggi di banche e industrie per conto dello Stato; andò poi via via acquisendo importanti partecipazioni azionarie di industrie impegnate nei più vari settori, dal telefonico al marittimo, dall’ edile al finanziario, dal meccanico al siderurgico.  

Inizialmente l’ Iri avrebbe dovuto essere un ente di liquidazione provvisorio, ma nel 1937 fu trasformato in permanente. Nel dopoguerra venne organizzato in settori di attività, (Finmeccanica, Finelettrica, Fincantieri), secondo il modello della Finsider già esistente dal 1933, e promosse altre iniziative economiche nel campo delle costruzioni stradali e del trasporto aereo. Negli anni Sessanta e Settanta l’Iri sostenne la maggior parte degli investimenti nella siderurgia e nella cantieristica, subendo i contraccolpi della crisi internazionale di quei settori.

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Francesco Giordani  
Chimico napoletano, fu dal 1937 vicepresidente e, dal 1939 al 1943, presidente dell’Iri. Tra il 1947 e il 1950 rappresentò l’Italia, insieme a Costantino Bresciani Turroni, presso la
Banca mondiale per la ricostruzione e lo sviluppo. Fu successivamente presidente della Svimez dal 1950 al 1959, subentrando a Rodolfo Morandi. In seno alla Svimez Giordani continuò l’opera a sostegno del Mezzogiorno in sede internazionale, già iniziata nel 1947 presso la Banca mondiale.

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Governi De Gasperi  
Organizzatore della Democrazia Cristiana clandestina e segretario del partito dal 1944 al 1946, Alcide De Gasperi (1881 –1954) fu l’uomo politico che guidò l’Italia negli anni della ricostruzione. Dal 1945 al 1953  fu presidente del Consiglio di otto governi di coalizione. Fino al 1947 accettò l’unità d’azione con il partito comunista, convinto della necessità contingente e limitata nel tempo di questa alleanza. Dopo la vittoria democristiana del 1948 favorì l’inserimento nell’area di governo dei partiti di centro, rafforzando lo schieramento anticomunista e ampliando la base parlamentare della sua maggioranza. Pilotò il paese nell’area occidentale, rafforzando i legami con gli Stati Uniti e promovendo il processo di unità europea.

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Luigi Einaudi  
Economista di fama internazionale, sostenitore delle teorie liberali, Luigi Einaudi  (1874 – 1961) fu nominato governatore della Banca d’Italia nel 1945. Nel 1947 divenne ministro del Bilancio, introducendo una rigida politica deflazionista, con cui riuscì a stabilizzare il valore della lira. Nel 1948 fu eletto presidente della repubblica italiana.

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Governo Milazzo
Il 23 ottobre 1958 Silvio Milazzo, esponente della corrente democristiana di Mario Scelba, fu eletto, con soli cinque voti di maggioranza sul candidato ufficiale della Dc, presidente della giunta regionale della Sicilia. A sostenerlo un’inedita coalizione, composta da dissidenti Dc, Pci, Psi, Psdi e monarchici popolari.
Espulso dal suo partito, Milazzo formò una giunta composta da dissidenti democristiani, monarchici, missini e indipendenti di sinistra, con l’appoggio esterno delle sinistre. La nascita di quel governo regionale così anomalo costituiva un esplicito tentativo di mettere in difficoltà Amintore Fanfani, all’epoca segretario nazionale della Dc e presidente del Consiglio.  
Nelle elezioni regionali del 1959 Milazzo si presentò con una sua lista, l’Unione siciliana cristiano sociale, che riportò il 10,6% dei voti. L’esperienza di governo si chiuse definitivamente il 16 gennaio 1960: la giunta Milazzo fu sostituita da una maggioranza composto da Dc, Pli, Msi e monarchici.

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Miracolo economico  
Il 23 maggio 1959 il quotidiano londinese “Daily Mail” pubblicò un articolo nel quale si affermava che “il livello di efficienza e di prosperità del potenziale produttivo dell’Italia” costituiva “uno dei miracoli economici del continente europeo”. Gli anni 1958-1963 furono di fatto investiti da una grande trasformazione sociale ed economica. Tra il censimento del 1951 e quello del 1961 gli addetti all’agricoltura scesero dal 42,2% al 29,1%. Contemporaneamente gli addetti all’industria passarono dal 32,1% al 40,6% e gli addetti ai servizi dal 25,7% al 30,3%. Più sorprendente ancora fu la crescita del 5,8% annuo del reddito nazionale.  
Il miracolo economico italiano, sanzionato anche da una straordinaria solidità della lira, che nel 1960 vinse l’oscar delle monete europee, fu caratterizzato da un incremento senza precedenti delle esportazioni di beni di consumo durevoli e dall’esplosione dei consumi privati interni. Il boom si concentrò soprattutto nelle regioni settentrionali, dove erano concentrati i capitali e le imprese. Il cosiddetto triangolo industriale compreso tra Torino, Milano e Genova divenne polo di attrazione per l’emigrazione interna, prevalentemente meridionale, mentre la disoccupazione scese ai livelli più bassi di tutta la storia dell’Italia unita.

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Fuga dalle campagne
Negli anni Cinquanta Sessanta, in tutto il Mezzogiorno la fuga dalle campagne fu massiccia, riguardando soprattutto le zone interne, ma senza risparmiare le aree di agricoltura ricca irrigua. Gran parte dell’emigrazione si diresse nei distretti industriali e minerari dell’Europa nord- occidentale e nelle aree più industrializzate dell’ Italia settentrionale.  

Tra il 1951 e il 1961 emigrarono dal Sud 2 milioni di individui e altrettanti se ne aggiunsero nel decennio successivo: tra il 50 e il 70 il Mezzogiorno perdette per saldo migratorio quattro milioni di persone. Parallelamente città come Torino o Milano videro aumentare la loro popolazione rispettivamente del 42,6% e del 24%. La Sicilia contribuì nello stesso periodo all’emigrazione con circa un milione di persone su una popolazione nel 1961 di 4.680.715 abitanti e nel 1971 di 4.906.878 abitanti.  

Una quota minore dei flussi migratori dalla campagna interessò le aree urbane del Mezzogiorno, rappresentate in Sicilia da grandi città come Palermo, Catania e Messina. In generale la popolazione urbana delle regioni meridionali ebbe tra il 1950 e il 1971 una crescita notevolissima, raggiungendo la stessa percentuale sulla popolazione totale delle regioni settentrionali e centrali.

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Sovrappopolazione agricola  
Alla fine della guerra, la popolazione italiana attiva in agricoltura era ancora numerosissima: con il 42,2% sul totale della popolazione attiva era la più alta d’Europa, a fronte di una bassa produttività proprio nei territori ad agricoltura estensiva. Nelle regioni meridionali e in Sicilia la percentuale di occupati in agricoltura sul totale della popolazione attiva superava il 50%. Questo sovradimensionamento del settore agricolo rispetto ad altre attività evidenziava, nonostante l’Italia fosse già un paese industriale e vi avessero grandissima importanza le città anche nelle regioni meridionali, la complessiva immaturità del sistema economico-industriale nazionale; evidenziava inoltre un vistoso fenomeno di sovrappopolazione connesso a un bassissimo tenore di vita nelle campagne. L’Italia a differenza di altri paesi industriali aveva in generale mantenuto una dinamica di bassi consumi e le popolazioni delle sue campagne erano ovunque poverissime.
Nel giro di un ventennio si verificarono in Italia un drastico calo della popolazione agricola e un fortissimo incremento del reddito; inoltre con lo spostamento massiccio di popolazione dalla campagna alle città assunse una grandissima consistenza il settore terziario, comprendente le attività commerciali e i servizi.
Tra il censimento del 1951 e quello del 1961 gli addetti all’agricoltura passarono dal 42,2% al 29,1%, mentre il reddito aumentò di oltre il 70%. Parallelamente gli addetti all’industria passarono dal 32,1% al 40,6%; gli addetti ai servizi dal 25,7% al 30,3%. Nel 1971 gli addetti all’agricoltura erano diventati il 17,2%, gli addetti all’industria il 44,4% e gli addetti ai servizi il 38,4%.
In Sicilia gli addetti all’agricoltura passarono dal 51% del 1951 al 41,3% del 1961, gli addetti all’industria estrattiva e manifatturiera dal 13,7% al 14, 7%, gli addetti all’edilizia dall’8,8% al 15,1%. Nel 1971 gli addetti all’agricoltura scesero al 28,7%, gli addetti all’industria estrattiva e manifatturiera crebbero del 9%, il terziario toccò il 28,8% e gli occupati nella pubblica amministrazione l’8,3%.

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Opere infrastrutturali
Nel primo decennio di attività la Cassa per il Mezzogiorno ebbe il grande merito di esprimere una concezione organica del territorio realizzando opere riguardanti tutti i settori produttivi producendo visibili effetti di modernizzazione. Il 50% degli stanziamenti furono destinato all’agricoltura, il 28% alle grandi opere di pubblico interesse e il 20% ad industria, artigianato e turismo. Con questa impostazione “l’intervento straordinario” dotò il territorio delle regioni meridionali e la Sicilia di una moderna rete di infrastrutture: strade, acquedotti, reti irrigue e fognarie, linee elettriche, linee ferroviarie elettrificate, traghetti per le isole. La produzione di energia elettrica e l’irrigazione delle campagne vennero grandemente potenziate con la costruzione di alcuni grandi invasi già progettati in passato ma mai edificati per il loro altissimo costo. In Sicilia i principali impianti elettro-irrigui realizzati furono quelli del Belice e della Piana di Catania: grazie ad essi e ad altri minori costruiti dall’Ente siciliano di elettricità, la Sicilia sviluppò l’irrigazione su oltre 100.000 ha (in Italia furono irrigati ex novo 700.000 ha).

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Eni
L’Eni (Ente nazionale idrocarburi) fu istituito il 10 febbraio 1953, per procedere a una complessiva ristrutturazione del settore delle fonti di energia. Grande ente pubblico come l’Iri, se ne differenziava in quanto era concepito non solo come ente di gestione delle partecipazioni delle società controllate, ma perché gli veniva affidato anche il compito di promuovere i programmi e realizzare il coordinamento per raggiungere gli obiettivi fissati. Dalla sua costituzione al 1962 l’Eni fu presieduto da Enrico Mattei, che ne potenziò e diversificò le attività, trasformandolo in uno dei più importanti centri di potere operanti in Italia.

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Cattedrali nel deserto  
Questa termine fu spesso usato nel linguaggio giornalistico a proposito dell’industrializzazione del sud, bandiera dell’intervento pubblico negli anni Sessanta.  Si intendeva in questo modo mettere l’accento su come il tessuto economico e sociale del Mezzogiorno ben poco fosse rigenerato da grandi insediamenti industriali destinati a restare poco più che esperienze isolate in territori che complessivamente continuavano essere caratterizzati dall’arretratezza e dalla mancanza di opportunità di lavoro.

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Stato sociale  
Il termine “stato sociale” o welfare state indica l’insieme di provvedimenti legislativi e di istituzioni pubbliche adottati nel corso del Novecento in vari paesi  per garantire ai cittadini la possibilità di soddisfare necessità primarie quali l’occupazione, la sanità, la casa, l’istruzione di base, la previdenza. Negli Usa il Welfare si sviluppò negli anni Trenta, per far fronte alla grande crisi economica del 1929. In Italia, come nella maggior parte dei paesi industrializzati l’intervento sociale dello Stato si diffuse soprattutto negli anni Sessanta e Settanta.

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Autunno caldo  
L’autunno del 1969, passato alla storia come “autunno caldo”, segnò in Italia uno dei punti più alti degli anni della contestazione. Fu caratterizzato soprattutto dalle lotte operaie per il rinnovo di importanti contratti nazionali di lavoro, primo fra tutti quello dei metalmeccanici, e da grandi scioperi generali, guidati dai sindacati, a cui aderirono milioni di lavoratori. In questo clima  si inaugurò anche la “strategia della tensione”, con l’attentato di piazza Fontana, a Milano (12 dicembre 1969), che provocò 17 vittime.

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I fatti di Avola  
Alla fine degli anni Sessanta le lotte sociali interessarono anche le campagne del Sud, in alcuni casi con risvolti drammatici. Il 2 dicembre1968 ad Avola, in provincia di Siracusa, la polizia aprì il fuoco  sui braccianti agricoli in lotta da dieci giorni per la ottenere la stessa retribuzione in tutta la provincia e per il riconoscimento delle loro rappresentanze nelle aziende. Due braccianti vennero uccisi e molti restarono feriti. Seguirono lo sciopero generale in Sicilia e scioperi e proteste in tutta Italia, con duri scontri con le forze dell’ordine.

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Ministero delle Partecipazioni statali  
Il Ministero delle Partecipazioni statali fu istituito nel 1956. Ad esso furono devoluti tutti compiti e le attribuzioni prima spettanti, nel campo dell’attività diretta dello Stato nell’attività economica, tramite il possesso di partecipazioni azionari in società private, ad altri ministeri e organi governativi. Oggetto di pesanti critiche di disfunzionalità negli anni Settanta e Ottanta, il ministero fu soppresso dal referendum popolare del 15 aprile 1993.

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La mafia (lezione di Salvatore Lupo)

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Le stragi di Capaci e di via d’Amelio
Il 23 maggio 1992 a Capaci, sull'autostrada Punta Raisi-Palermo imbottita di esplosivo, Cosa Nostra regolò definitivamente i conti col magistrato che più aveva contribuito ad infliggerle gravi colpi: persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Fu un'azione terroristica che tuttavia segnalava un grave momento di debolezza di Cosa Nostra: se ancora i capi erano latitanti, il cerchio protettivo che aveva garantito per decenni la loro impunità stava per spezzarsi. Il 17 febbraio 1992, con l'arresto di un oscuro burocrate milanese, il socialista Mario Chiesa, era cominciata "Tangentopoli"; alle elezioni politiche del 5 aprile i partiti governativi avevano avuto un clamoroso tracollo, e la Lega lombarda era diventata il primo partito del Nord, il presidente della repubblica Francesco Cossiga si era dimesso e l'elezione del nuovo presidente divideva i partiti, il quadro politico era in movimento, nessuno poteva più garantire vecchie alleanze e protezioni.
Enorme fu l'impatto emotivo: fu proclamata una giornata di lutto e lo sciopero generale; in Sicilia, ai funerali decine di migliaia di cittadini manifestarono la loro indignazione contro la mafia e i politici, accusati di corruzione e complicità. Il funzionario che nella sua vita recente aveva conosciuto grandi amarezze e ostilità, e ciò nonostante aveva continuato a svolgere il suo dovere, venne improvvisamente esaltato anche da chi l'aveva fino ad allora ostacolato o calunniato.

Pochi mesi dopo il 19 luglio 1992 andò in onda la cronaca di un’altra morte annunciata:. il giudice Paolo Borsellino, dal dicembre 1991 tornato a Palermo come procuratore aggiunto, predestinato dall'opinione pubblica ma anche da incaute affermazioni di uomini di governo che lo indicavano come l'erede di Falcone, venne ucciso davanti all'abitazione della madre in via d'Amelio a Palermo da un'autobomba, con i cinque agenti della scorta, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cusina, Claudio Traina ed Emanuela Loi. Seguì la scena tragica dei funerali degli agenti di scorta (la famiglia Borsellino rifiutò i funerali di Stato), dai quali incredibilmente si tentò di tenere lontani proprio i palermitani, per paura del ripetersi di quelle contestazioni alle autorità che si erano manifestate ai funerali di Falcone. Sembrava che Cosa Nostra avesse vinto: è tutto finito, aveva commentato piangendo in un momento di scoramento (subito dopo superato) l'anziano giudice Antonino Caponnetto, padre putativo di Falcone e Borsellino. Ma, in un soprassalto di attivismo, seguì  l'operazione "Vespri siciliani" (lo sbarco in Sicilia dei soldati inviati a presidiare militarmente un territorio occupato dalla mafia), l'approvazione del programma di protezione dei collaboranti di giustizia, l'invio dei boss detenuti nelle carceri di massima sicurezza e la definizione di un regime carcerario particolare (art. 41 bis ordinamento penitenziario), la rimozione dei funzionari inetti (a dirigere la procura di Palermo fu mandato il magistrato torinese Giancarlo Caselli, mentre Gianni De Gennaro, già collaboratore di Falcone, andò a dirigere la Direzione Investigativa Antimafia), la cattura dei primi latitanti, a dimostrazione che, se esiste una volontà politica, si conseguono anche successi nell'attività investigativa.

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Carlo Azeglio Ciampi
Carlo Azeglio Ciampi, attuale presidente della repubblica, è stato segretario generale (1973), vice direttore generale (1976), direttore generale (1978), e infine (1979-1993) Governatore della Banca d'Italia. Dall'aprile 1993 al maggio 1994 è stato Presidente del Consiglio.
Durante la XIII legislatura ha guidato il dicastero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica nei governi Prodi (dall'aprile 1996 all'ottobre 1998) e D'Alema (dall'ottobre 1998 al maggio1999).
Come Ministro del Tesoro e del Bilancio Ciampi ha dato un contributo determinante al raggiungimento dei parametri previsti dal Trattato di Maastricht,  permettendo così la partecipazione dell'Italia alla moneta unica europea, sin dalla sua creazione:  tra i provvedimenti più significativi la manovra correttiva della politica di bilancio, varata nel settembre del 1996, che ha consentito un abbattimento di oltre 4 punti percentuali  del rapporto di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni rispetto al prodotto interno lordo, il parametro di Maastricht,   di più arduo conseguimento per il    nostro paese.
Il 13 maggio del 1999 Ciampi è stato eletto dal Parlamento, in prima votazione, decimo Presidente della Repubblica Italiana.

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Sussidiarietà  
La sussidiarietà, nella sua accezione più corretta, quella cosiddetta "orizzontale", è la capacità di riconoscere e di valorizzare le iniziative autonome dei cittadini e delle loro formazioni sociali nella realizzazione dei servizi di pubblica utilità.

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Il patrimonio storico siciliano come risorsa per il futuro (lezione di Franco Benigno)

 

           

  Sommario
   
  Gli aiuti Americani
  Le politiche meridionaliste e la Cassa per il Mezzogiorno
  La strategia della straordinarietà
  Il miracolo economico
  Sviluppo agricolo e infrastrutture
  L’industria chimica e petrolchimica
  Le imprese a partecipazione statale e le attività di salvataggio
  La cattiva politica e la cattiva economia
  Le nuove frontiere dell’Europa 
   
   
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