Le note dei curatori Evelina Santangelo e Luca Ricci

Il testo che qui si presenta è una scelta dalle 1027 pagine del dattiloscritto originale.
I criteri cui ci siamo attenuti hanno inteso dar conto dell’intero percorso biografico dell’autore e della sequenza dei blocchi narrativi. Inoltre abbiamo voluto a ogni costo rispettare le scelte linguistiche dell’autore, conservandone quasi integralmente la peculiare grammatica. Nostra è invece la suddivisione in capitoli, paragrafi e capoversi, dove l’originale si presenta come un flusso continuo. Abbiamo operato alcune integrazioni solo nei casi in cui si rendevano necessarie per la comprensione di frasi o passaggi narrativi. Tali interventi sono limitati al minimo indispensabile e sempre indicati con il corsivo.
I principali interventi si sono concentrati sull’ortografia e la punteggiatura. Nel primo caso si è cercata una mediazione tra leggibilità e caratteristiche espressive. In particolare, abbiamo inserito l’h nel verbo avere e i segni diacritici secondo l’uso corrente. In alcuni casi abbiamo scomposto le parole che Rabito scriveva abitualmente unite (diaiutarle, famorire), in casi sporadici abbiamo viceversa ricostruito unità lessicali che si presentavano graficamente scomposte (inafabeto per i nafabeto).
La punteggiatura originale prevedeva un uso ipertrofico del punto e virgola, e un uso sostanzialmente causale delle altre forme di punteggiatura.
Il nostro criterio, finalizzato alla leggibilità, è stato di regolarizzare la punteggiatura cercando, nel contempo, di restituire l’oralità propria di questa scrittura.
Le note a piè di pagina sono di contestualizzazione storica e geografica oppure di tipo linguistico, per chiarire termini dialettali o l’idioletto dell’autore.
Lo spirito con cui abbiamo lavorato è stato quello di restare il più fedeli possibile alle intenzioni dell’autore, al suo desiderio di raccontare con semplicità a tutti le proprie esperienze di vita.