dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano
L’autobiografia di Vincenzo Rabito ha vinto il Premio Pieve – Banca Toscana 2000.
Riportiamo la motivazione della Giuria nazionale.
L’incontro con la scrittura del cantoniere ragusano Vincenzo Rabito rappresenta un evento senza pari nella storia dell’Archivio stesso. Vivace, irruenta, non addomesticabile, la vicenda umana di Rabito deborda dalle pagine della sua autobiografia. L’opera è scritta in una lingua orale impastata di “sicilianismi”, con il punto e virgola a dividere ogni parola dalla successiva. Rabito si arrampica sulla scrittura di sé per quasi tutto il Novecento, litigando con la storia d’Italia e con la macchina da scrivere, ma disegnando un affresco della sua Sicilia così denso da poter essere paragonato a un “Gattopardo” popolare. L’asprezza di questa scrittura – a conti fatti più di duemila pagine – toglie la speranza di veder stampato, per la delizia dei linguisti, questo documento nella sua integralità. “Il capolavoro che non leggerete”, così un giurato propone di intitolare la notizia sull’improbabile pubblicazione di quest’opera. Eppure, la Giuria farà in modo che altre istituzioni (Ministero dei Beni Culturali, Regione Sicilia, Università locali) vengano coinvolte al fine di trovare adeguati canali per la valorizzazione di quest’opera rara e preziosa.
Il Ministero per i beni e le attività culturali ha erogato un contributo per la pubblicazione dell’opera di Vincenzo Rabito. Un altro finanziamento è arrivato dalla società siciliana Augustea. Il testo è pubblicato da Einaudi (collana dei Supercoralli), in un’edizione curata da Luca Ricci ed Evelina Santangelo.
Lo scrittore Vincenzo Consolo, al quale l’opera è stata sottoposta alla fine del 2000, la definisce subito “un testo unico, un caso di scrittura singolare, un documento straordinario”.
Come l’autobiografia è arrivata all’Archivio dei diari di Pieve
Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, spedisce da Sydney, nel luglio 1999, una sua riduzione dell’opera del padre per la partecipazione al Premio Pieve – Banca Toscana, il concorso per diari e memorie organizzato annualmente dall’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano. I lettori della Commissione locale, sempre alla ricerca di scritture originali non ritoccate, chiedono il testo integrale, preferendolo alla versione ridotta dal figlio. A ottobre del 1999 Giovanni, d’accordo con i fratelli Gaetano e Salvatore, consegna personalmente all’Archivio di Pieve i sette quaderni rilegati fitti di scrittura a macchina, 1027 “pacene”, che conquistano i lettori della giuria popolare prima e della giuria nazionale poi. Quest’ultima decide di premiare l’autobiografia del cantoniere ragusano con il massimo riconoscimento e suggerisce di inserire nella motivazione del premio una provocazione che presenti al pubblico il testo di Vincenzo Rabito come “il capolavoro che non leggerete”. I quaderni di Vincenzo Rabito sono da allora conservati presso la sede della Fondazione di Pieve Santo Stefano, oggetto di curiosità e di studio. Dal marzo 2007 la riduzione di quest’opera, dal titolo Terra matta, curata da Luca Ricci e da Evelina Santangelo e pubblicata da Einaudi, è diventata il capolavoro che tutti possono leggere.